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22/10/2022 - RUBIERESE: INTERVISTA A MARCO BIZZARRI SU SPORTWEEK
22/10/2022 - Sportweek, settimanale in allegato alla Gazzetta dello Sport ha dedicato un ampio spazio all'intervista di Marco Bizzarri, che ha raccontato la sua passione per la Rubierese e per i colori biancorossi

Qui sotto il testo completo:

IL PRESIDENTE E A.D. DI GUCCI HA UN PASSATO DA ATTACCANTE "ALLA BETTEGA" E DA APRILE È SOCIO DELLA RUBIERESE, IL CLUB NEL QUALE DA RAGAZZINO SEGNAVA VALANGHE DI GOL. «L'UNICO BOARD DEL CALCIO IN CUI VALE LA PENA DI ENTRARE È QUELLO DELLA JUVE, SQUADRA PER CUI TIFO. MI CANDIDO», MODA, CALCIO E RISTORAZIONE: STORIA DI UN MANAGER CHE SI È FATTO... IN TRE

Marco Bizzarri per il mondo della moda è uno dei manager più potenti e geniali, presidente e a.d. di Gucci che negli anni 2015-2021 ha quasi triplicato il fatturato, sfiorando i dieci miliardi di euro. Per i rubieresi che l'hanno visto giocare nel piccolo stadio della cittadina reggiana tra gli Anni 70 e 80, Marco Bizzarri resta "Bettega". Non tanto per la dichiarata fede juventina, ma perché da ragazzino nell'Unione Sportiva Rubierese segnava gol in quantità, ispirandosi nei movimenti all'attaccante bianconero e della Nazionale. Un campioncino Bizzarri. tant'è vero che i concittadini appassionati di calcio si ricondano ancora dell'ultima rete in maglia biancorossa, in trasferta ad Anzola, campionato di Prima Categoria.
A 24 anni, appese le scarpe al chiodo, ha iniziato una prodigiosa carriera manageriale, ma il cuore è rimasto a Rubiera, sul campo dove si respira il sapore del calcio di provincia. Da aprile è diventato socio del club, attualmente in Seconda Categoria: non male per la Rubierese, ma ogni paragone col Chievo è vietato. Per ora è una storia di amicizia e soprattutto si lavora sui giovani.

"Il calcio, e lo sport in generale, è passione, oltre la logica-spiega Bizzarri-. La Rubierese mi ha dato tanti giorni felici e molti amici rimasti nel tempo. Ho una grande stima per le persone che hanno preso in mano il progetto e mi hanno coinvolto dopo avermi inseguito per anni. Ho condiviso con loro parecchie partite e oggi portano avanti con impegno e dedizione un progetto che va ben oltre il pallone. Permettiamo ai ragazzi di trovare una sponda sicura rispetto a scelte diverse e pensiamo al crescere serenamente portando in prima squadra i nostri giovani e non comprando da fuori"

A proposito di scelte: l'Inter era interessata a lei quando aveva 13 anni. Ma non si mosse da Rubiera.

"Da un lato ero malato di calcio, unica alternativa allo studio. Sono partito centravanti e diventato mezzala, mai fuoriclasse, avevo già capito che applicarsi a scuola sarebbe stato decisivo nella mia carriera. Questo, oltre al fatto che in pochi mesi sono cresciuto di 15 centimetri, mi ha convinto ad abbandonare l'idea di tentare la scalata nel calcio. Ma ho continuato a giocare".

Era un calcio completamente diverso da quello attuale, dove le società professionistiche sono sempre più in mano a fondi o investitori stranieri e scarseggiano i giocatori italiani. Che cosa ne pensa?

"Non è importante chi sia il proprietario, ma come funziona la società. Non è più pensabile che arrivi qualcuno a mettere 100-200 milioni di euro per sistemre un debito. Ci vuole gente capace, senza guardare alla provenienza. Quanto ai giocatori non credo alle frontiere, ma in effetti c'è una crisi di vocazione dovuta a un numero minore di praticanti: un tempo c'era solo il calcio, oggi no. Poi ci vuole maggiore coraggio da parte delle squadre nel lanciare i ragazzi a 16-17 anni: comprendo i problemi che ha Mancini per la Nazionale"

La moda invece è più attenta ai talenti?

"Dipende dall'azienda. Ma in generale è un settore vivace, alla perenne ricerca dell' innovazione, quindi non si ha paura dei debuttanti. È anche vero che un brand importante e storico ha una struttura in grado di supportare i talenti. Alessandro Michele, il nostro direttore creativo, ha realizzato in cinque giorni la sua prima sfilata, ma aveva la forza del mondo Gucci a sostenerlo".

Michele è riuscito a proiettare un marchio storico dello sport quale Adidas nel mondo Gucci, facendone un esempio di co-branding. Un successo incredibile, pensando alla filosofia opposta del marchi.

"Fa parte di quell'apertura mentale che manca al calcio italiano, alla base di tanti problemi, a partire da quello economico. Ci sono pochi esempi virtuosi e tante società che perdono un mare di soldi, un aspetto non più sostenibile per chi fa l'imprenditore. Non capisco come sia realmente possibile e vorrei scoprirlo. Ecco perché l'unico board dove mi piacerebbe entrare è quello della Juventus. Ne ho rifiutati tantissimi e posso accettarne uno solo. Lancio la mia candidatura al consiglio della "mia" Juve e resto in attesa".

Gucci è presente anche nel food, con le osterie contemporanee firmate da Massimo Bottura, suo compagno di banco per cinque anni a Ragioneria.

"Massimo è il genio, il Valentino Rossi della cucina: nessun cuoco oggi può prescindere lui. Bottura e Michele non si conoscevano, ma dopo cinque minuti hanno cominciato a discutere su come realizzare insieme Gucci Osteria. A Firenze e a Los Angeles abbiamo già una stella Michelin, Tokyo e Seul vanno benissimo: la prima, in Italia, è nata per la grande amicizia che milega a Massimo e la voglia di migliorare l'offerta del cibo in uno spazio già esistente nel Gucci Garden".

Dice sempre invece che i "suoi" ristoranti sono un affare di cuore.

"Il "Viandante" è un simbolo di Rubiera, la terra dove sono nato e cerco di esserci ogni fine settimana, visto che prendo aerei 200 giorni all'anno. Ho voluto dare un tocco contemporaneo all'osteria dove ho festeggiato il mio pranzo di nozze 32 anni fa, con mia moglie Maristella, che ha seguito personalmente i lavori, cercando di conservare elementi e persone di un tempo:
una squadra di gente esperta e giovani in gamba, una famiglia. Quanto alla "Gioconda", è il posto di mio figlio Stefano: lui è cresciuto a Gabicce Mare, luogo che abbiamo sempre frequentato, la nostra casa al mare da un trentennio. Con lui, che ha scoperto pian piano la vocazione alla ristorazione, e con la moglie Allegra, che ne ha curato l'estetica, abbiamo creato il primo locale italiano certificato plastic free e leed gold, riscaldato grazie alla geotermia e con vasche di recupero delle acque piovane per ridurre lo spreco. La sostenibilità per me non è un dovere, ma un modo di pensare. E in cucina abbiamo un fuoriclasse, Davide di Fabio, per 16 anni all'Osteria Francescana, supportato da un team giovane e coeso".

Le capita mai di pensare che se avesse accettato quel provino con l'Inter...

"No, perché penso che bisogna fare le scelte ritenute giuste e seguirle sino in fondo. Poi è evidente che quando non si possono fare, ci vuole la fortuna a darti una mano e a me è capitato più volte: come un tiro che prende l'interno del palo e va in rete oppure colpisce l'esterno del paloe va fuori. È un niente che cambia il risultato: ma bisogna essere bravi e giocarsela sempre".
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