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NEWS - DANIELE BARONE RICORDA LUCA VIALLI:«ERA UN FUORICLASSE SIA DENTRO CHE FUORI DAL CAMPO»
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DANIELE BARONE RICORDA LUCA VIALLI:«ERA UN FUORICLASSE SIA DENTRO CHE FUORI DAL CAMPO»

Intervista di Cristiano Cavallaro in collaborazione con IlTerzoTempo.net
Salta il testo e vai ai commenti
calcioreggiano.comGenerica - 26/07/2025

Abbiamo avuto il grande piacere di scambiare due chiacchiere con Daniele Barone, telecronista di Sky Sport che ha avuto modo di girare gli stadi più belli d’Europa e di raccontare, conoscere e commentare tanti volti noti del nostro sport. Ci ha parlato, tra l’altro, dell’emozione di avere colleghi come Fabio Caressa, Guido Meda, Massimo Marianella e non solo, ma soprattutto ci ha descritto al meglio un personaggio eccezionale come Luca Vialli.

Come ti sei avvicinato al mondo delle telecronache? 

«Parliamo di tanti anni fa. Il mio sogno da bambino era quello di fare il giornalista. Chiaramente, era un mondo parecchio diverso rispetto a quello che avete voi ragazzi oggi: non c’era la tecnologia, non c’era Internet, non c’erano i telefonini… Io coltivavo questa passione limitandomi a guardare quel poco di calcio che veniva trasmesso in TV, ovvero 90° minuto, La Domenica Sportiva… All’epoca, la domenica pomeriggio, la Rai trasmetteva il secondo tempo registrato, quindi in differita, di un match di Serie A; oggi puoi vedere le partite dappertutto, a qualsiasi ora, praticamente 12 mesi l’anno. Mi sono innamorato di questo lavoro guardando Paolo Valenti, mitico conduttore di 90° minuto che per me era un personaggio iconico. Mi chiudevo nella mia cameretta tentando di replicare ciò che faceva: fantasticavo e sognavo. Quando sono diventato più grande, ho cominciato ad avvicinarmi alle TV locali di Pescara, che si stavano sviluppando alla fine degli anni ‘80. Ho iniziato a fare dei servizi e la mia prima telecronaca in assoluto fu in occasione di un’amichevole tra Pescara e Campobasso, a Trento, dove i Biancazzurri erano in ritiro nel luglio del 1984. Ho continuato il percorso con emittenti private: a livello giornalistico ho cominciato a collaborare con il Corriere dello Sport a metà degli anni ‘90 e allo stesso tempo ho iniziato a lavorare per Telepiù - che nel 2003 divenne Sky -. All’epoca mi chiamò il direttore per propormi un contratto di sei mesi a Milano, che successivamente diventò a tempo indeterminato. Il mio primo commento di una partita in diretta per questa rete fu un Pescara-Brescia di Serie B, mentre la mia prima telecronaca da “assunto” fu un Perugia-Lecce di Serie A».

Cosa deve fare un telecronista per coinvolgere al meglio il pubblico?

«Credo che la base di questo lavoro, come per tutti, sia la preparazione e lo studio; improvvisare, anche se si ha tanto talento, non è sufficiente. Il mio approntamento, più o meno, corrisponde a quello di tutti gli altri miei colleghi, anche se ognuno ha i suoi metodi. Io sono uno che studia molto prima delle telecronache. Mi occupo anche di pallanuoto, di cui sto seguendo i Mondiali in questi giorni, e di calcio a 5. Ogni volta mi preparo sull’anagrafica dei singoli giocatori, sulle curiosità, sulle statistiche… Ovviamente bisogna studiare le partite anche a livello tattico e sapere che tipo di gioco fanno le due squadre, quindi si deve portare questa montagna di informazioni il giorno della telecronaca, poi sta ad ognuno decidere quante e quali usare. Io posso portare mille dati in telecronaca, ma non è detto che li debba usare tutti, perché la partita stessa detta il ritmo, la velocità e la mia impostazione. Più la gara è divertente, con tanti capovolgimenti di fronte e parecchie occasioni e palle-gol, più il racconto ne giova; se il risultato è uno scialbo 0-0, si fa più fatica, anche se un buon telecronista è colui che riesce a far emozionare lo spettatore soprattutto con un risultato come questo, perché, se il punteggio è un 4-4, diventa tutto molto più semplice. Bisogna poi avere colpo d’occhio, conoscere il regolamento, utilizzare molto il cosiddetto “play by play”, che è fondamentale, senza perdersi in troppe informazioni inutili in un determinato momento. Se la palla è in area di rigore, io devo capire chi la ha, a chi è destinata e quale può essere lo sviluppo. La telecronaca è un mix di preparazione e passione. Serve un po’ di enfasi, ma senza esagerare. Come ti ho detto, però, ci vogliono passione, trasporto e capacità di trascinare e coinvolgere il pubblico».

Da quando hai iniziato ad oggi, come hai già detto, ti sei focalizzato anche su altri sport oltre al calcio, come il futsal e la pallanuoto. Cosa ti piace maggiormente di queste discipline?

«Io sono cresciuto con un grandissima passione per il calcio, ma a Pescara c’è sempre stata una grande tradizione di pallanuoto e di calcio a 5 e mi sono avvicinato da ragazzo a questi sport, che hanno portato tanti successi alla mia città. Diciamo che sono tre discipline diverse, ma con un denominatore comune: una palla e due porte dentro le quali fare gol. Il calcio a 11 si fa in un campo grande, il futsal in uno che è 20x40 e la pallanuoto in una piscina. L’idea, però, è la stessa: bisogna segnare una volta in più degli avversari per vincere la partita. Il calcio è quasi una religione in Italia, mentre la pallanuoto e il calcio a 5 sono sport più piccoli, con meno seguito, ma a me piacciono comunque tanto. Non molti giorni fa è cominciato il Mondiale di pallanuoto a Singapore: già con le prime telecronache mi sono divertito parecchio».

Gli stadi più belli che hai visitato? Uno che ti ha colpito per il calore della piazza?

“Io sono stato anche in grandi stadi internazionali. Sono molto belli quelli inglesi di nuova generazione, come quello del Tottenham e l’Old Trafford di Manchester, ma sono stato anche all’Allianz Arena di Monaco, in Germania. Si tratta di impianti molto moderni, costruiti e pensati per il gioco del calcio. In Italia siamo, purtroppo, molto indietro e faticosamente ci stiamo adeguando, però naturalmente San Siro ha un fascino enorme e delle suggestioni uniche. Tra quelli più piccoli, invece, mi ha sempre molto colpito e coinvolto il Paolo Mazza di Ferrara quando era al limite della capienza, che mi ricorda molto uno stadio dell’Oltremanica. Quando la Spal ha fatto la Serie A con l’impianto ristrutturato, quando era pieno era molto coinvolgente, seppur piccolo”.

Quale degli sportivi che hai incontrato ti ha colpito maggiormente, magari anche dal lato umano, e perché?

«Secondo me, Gianluca Vialli è stata una grande figura del nostro calcio e del nostro sport. Mi piace dire che fosse un fuoriclasse “dell’anima”, oltre che in campo. Era una persona splendida, che fu anche commentatore per Sky durante le Olimpiadi di Londra: all’epoca viveva lì ed ebbi modo di conoscerlo più da vicino, dopo averlo avuto per tanti anni come ospite nei nostri studi. Ho veramente un ricordo eccezionale di Luca. Sportivamente, ho avuto sempre un debole per Roberto Baggio, perché il suo calcio mi ha sempre affascinato e ho sempre pensato che fosse poesia. Ho incontrato tanti atleti simpatici, che, al di là delle loro qualità tecniche, umanamente si sono dimostrati grandi compagni di racconto e di lavoro, però, se devo sceglierne uno, dico Gianluca Vialli».

Più volte, sui tuoi profili social, hai mostrato gli studi di Sky. Cosa si prova ad essere circondati da tutti quei professionisti - sia telecronisti che tecnici -? Che ambiente è?

«Io, quando arrivai a Telepiù, avevo conosciuto televisivamente Marianella, Tranquillo, Caressa, Compagnoni… Per me, incontrarli fu una grande emozione e ancora oggi è un onore, perché io ho sempre detto che Sky è l’università del giornalismo sportivo italiano: è l’eccellenza assoluta. Ho ancora il piacere di condividere la redazione con i migliori: basterebbe ricordare Rino Tommasi per il tennis, Guido Meda per la Moto GP, i commentatori di calcio che ho appena citato e i nostri talent, quindi Capello, Costacurta, Beppe Bergomi e, in passato, Luca Vialli. Tutte grandissime personalità del nostro sport. È un ambiente bello, stimolante, sano ed è un posto meraviglioso per poter lavorare. Il 2 ottobre saranno passati venticinque anni da quando sono entrato a far parte di questa azienda. È un quarto di secolo, una bella fetta della mia vita. Sono molto contento di aver realizzato questo sogno che avevo da bambino».

Baldini, Inzaghi, Vivarini, Gilardino, Italiano, Conte… Hai incontrato e intervistato tanti allenatori: chi ti ha impressionato maggiormente? Hai qualche aneddoto o qualcosa che ti hanno raccontato che ti è rimasto impresso?

«Mi sono rimaste impresse tante cose e tanti racconti. Per non andare tanto lontano, quest’anno mi ha molto colpito la storia e l’avventura di Baldini, che io avevo conosciuto ai tempi dell’Empoli tanto tempo fa. Da allora siamo sempre rimasti in contatto. Quando venne ad allenare la squadra della mia città, io fui molto contento. Il 13 luglio di un anno fa, cioè alla vigilia della sua presentazione a Pescara, mi invitò a casa sua e mi fece il famoso “discorso della magia”. Poteva sembrare il classico incipit di propaganda che fanno tanti all’inizio di un campionato, ma, alla sua maniera e attraversando anche momenti difficili, quella “magia” l’ha cercata, l’ha trovata, l’ha praticata e, alla fine, ha concretizzato tutto il 7 giugno scorso con la promozione. L’aneddoto che posso raccontare è che, avendo un bel rapporto di amicizia con lui, durante tutto l’anno - pure nei periodi più difficili - mi mandava dei messaggi in cui mi diceva che il Pescara in qualche modo avrebbe vinto il campionato, anche passando dai play-off e, magari, arrivando decimi. Lui era convinto che sarebbero arrivati in Serie B. Io mi sono sempre fidato di lui e forse sono stato uno dei pochi ad avere fiducia nel sogno che poi è diventato realtà. Qualcuno ha parlato di fortuna, ma secondo me è stato molto bravo lui, che, con la sua personalità, è stato capace di risollevare il gruppo quando le cose non andavano bene. Scelgo questa tra le esperienze più emozionanti che ho avuto modo di condividere professionalmente, e, da pescarese, ha un valore in più».

Nonostante il mercato sia iniziato da poco e ci siano delle situazioni ancora da definire, ci puoi fare un pronostico sulla Serie B?

«È praticamente impossibile: i pronostici in Serie B non sono ammessi “per legge”, nel senso che è complicatissimo. Mi ricordo che l’anno scorso avevo previsto Sampdoria e Frosinone tra le protagoniste: una si è salvata ai play-out - e sappiamo come -, mentre l’altra grazie al fallimento del Brescia. È un campionato troppo difficile da decifrare: quello che diciamo oggi a Natale sarà già rovesciato. Siamo soltanto a fine luglio e le squadre devono essere ancora formate, quindi è prematuro poter azzardare qualcosa. Se vogliamo andare sul facile, anche se non lo è, si pensa che le retrocesse, Monza, Venezia ed Empoli, abbiano qualcosa in più, ma non sempre esse hanno vita facile, infatti quest’anno solo il Sassuolo è riuscito a rispettare le aspettative. Una sorpresa ci sarà come in ogni stagione. Il Palermo, con Inzaghi in panchina, si sta attrezzando per fare una stagione importante e per vincere questa volta, dopo qualche tentativo andato a vuoto. Sarà la solita bellissima miscela di grandi - o presunte tali - che deluderanno e sorprese che verranno fuori: sarà il solito campionato di Serie B, in cui chi ci capisce è bravo - ma nessuno ci capisce mai niente -».

Ringraziamo vivamente Daniele Barone per la bellissima opportunità concessaci e la grande disponibilità.

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