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NEWS - «QUI A BRESCELLO MI LASCIANO LA LIBERTA' DI SCEGLIERE E TALVOLTA DI SBAGLIARE. ABBIAMO UNA SQUADRA GIOVANE E TALENTUOSA E VOGLIAMO ANDARE AI PLAY-OFF» - INTERVISTA AD ANDREA PAGLIA
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«QUI A BRESCELLO MI LASCIANO LA LIBERTA' DI SCEGLIERE E TALVOLTA DI SBAGLIARE. ABBIAMO UNA SQUADRA GIOVANE E TALENTUOSA E VOGLIAMO ANDARE AI PLAY-OFF» - INTERVISTA AD ANDREA PAGLIA

Intervista di Cristiano Cavallaro al Direttore Sportivo del Brescello Piccardo, in collaborazione con la pagina "ilterzotempo.net"
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calcioreggiano.comGenerica - 17/09/2025

Dietro ai grandi risultati ottenuti dal Brescello Piccardo nelle ultime stagioni c’è l’attento e scrupoloso lavoro di Andrea Paglia, giovane direttore sportivo che, a soli 33 anni, ha deciso di intraprendere questa carriera. In una lunga chiacchierata, ci ha raccontato cosa lo affascina maggiormente del suo mestiere, le aspettative per la stagione appena iniziata e i progetti per il futuro. Lo ringraziamo sentitamente per la disponibilità e per l’opportunità che ci ha concesso.

Cosa ti ha spinto a scegliere di diventare direttore sportivo?

«Io penso di essere uno dei pochi che, quando giocava, ha capito che bisognava fermarsi. Ho continuato a praticare questo sport a livelli amatoriali per mantenermi in movimento, ma, visto che il calcio è la mia passione più grande, ho cercato di ritagliarmi uno spazio con un’altra attività. Pensavo che, visto il mio carattere, fossi portato per questo ruolo – a discapito magari dell’allenatore, in cui ci sono più tatticismi -, che negli ultimi anni mi ha regalato delle soddisfazioni».

E, secondo te, chi ricopre questo ruolo che caratteristiche deve avere?

«Sicuramente bisogna avere delle competenze tecniche. Allo stesso tempo, però, ritengo che avere equilibrio e saper gestire le persone sia fondamentale. Sotto questi punti di vista, penso di avere delle qualità, che cerco sempre di coltivare. Non credo che sia sufficiente conoscere, come dicevo prima, solamente l’aspetto tecnico: ci vogliono anche altre doti».

Quanto è difficile, in Eccellenza, riuscire a costruire una squadra competitiva compatibilmente con le indicazioni della società?

«Sicuramente nel Girone A di Eccellenza è molto complicato, in quanto il budget e le risorse economiche sono aumentate esponenzialmente negli ultimi 3-4 anni. È sempre più difficile, ma di fatto anche stimolante, perché a Brescello vengono messe a disposizione le cifre giuste per poter fare bene e divertirsi. La società mi lascia lavorare, prendere delle scelte e talvolta anche sbagliare; sicuramente crede nel progetto che stiamo portando avanti. Io posso dire, a differenza di tanti altri, di poter fare il direttore sportivo senza particolari restrizioni, seppur con pregi e difetti. Molti – anche in Serie D – magari non hanno la stessa libertà che ho io».

Fare il direttore sportivo nei dilettanti è forse a tratti più difficile che nei professionisti. Non ci sono magari le stesse tecnologie, o strumenti come le televisioni che accrescono la popolarità dei giocatori. È complicato per te scovare un calciatore talentuoso che possa fare la differenza nel vostro campionato?

«Io penso che, purtroppo, si stia perdendo il piacere di andare a vedere le partite dal vivo, facendo chilometri e compiendo sacrifici – alle volte rimettendoci anche economicamente -. Dal video riesci a capire se un giocatore è destro o mancino, se è bravo di testa o se ha altre peculiarità, ma non puoi cogliere tante malizie o altre caratteristiche come la personalità. Questi aspetti sono difficili da individuare persino dal vivo, però devo dire che girare i campi – che siano sfide tra professionisti, formazioni giovanili o dilettanti – è un’abilità che sto cercando di sviluppare. E fare tutto ciò, appunto, mi piace moltissimo».

Quanto spesso ti confronti con Mister Fontana?

«Ci sentiamo quotidianamente. Io cerco di riporre tutta la mia fiducia nell’allenatore con cui lavoro e, con il mister che abbiamo adesso a Brescello, c’è un rapporto collaborativo che va avanti da anni. Non sono uno che tutti i giorni si intromette nelle scelte tecniche né tantomeno uno che si impone. Io credo che i ruoli debbano essere definiti e difficilmente entrerò nei meriti delle decisioni dell’allenatore, poiché ritengo che abbiamo due compiti ben distinti. Quando il mister prende una scelta, bisogna accettarla; io non mi immischio mai in temi come la formazione della domenica o le dinamiche degli allenamenti».

Rimanendo sul discorso della squadra, siete partiti con 4 punti nelle prime 3 partite, affrontando già formazioni piuttosto attrezzate. Ti aspettavi di meglio o di peggio? Cosa è emerso, secondo te, di positivo da queste prime uscite?

«Penso che il calendario non ci abbia giovato, perché affrontare cinque big nelle prime sei giornate non è semplice. Ho un po’ di rammarico dopo l’ultima partita, perché avevamo la possibilità di fare punti a Fiorenzuola, ma l’approccio alla sfida e l’atteggiamento dei primi 30 minuti non è piaciuto né a me, né al mister, né ai giocatori stessi. Questo indubbiamente ha compromesso la sfida. È stato un peccato perché poi pian piano siamo riusciti a trovare la quadra e forse meritavamo anche il pareggio. Sarebbe stato fantastico ottenere dei punti su un campo come quello di Fiorenzuola».

Secondo te, quali possono essere le peculiarità che la tua squadra metterà in campo durante tutto l’anno per raggiungere l’obiettivo che vi siete prefissati?

«Penso che l’obiettivo, per quest’anno, sia il raggiungimento dei play-off. Non ci sarà la franchigia dei punti secondo me, ma dovremo comunque lottare con diverse squadre. La nostra forza deve essere il gruppo, perché la rosa è composta da giocatori giovani e di gamba, con uno spirito unico. Questo deve sopperire al fatto che magari ci manca qualcosa dal punto di vista dell’esperienza. Abbiamo – e non scherzo – 18-19 titolari, poiché abbiamo voluto formare così la squadra, assieme al mister. Punteremo molto sulle doti di questo organico e, come detto, sullo spirito del gruppo».

Tornando al discorso di prima, sei giovanissimo e svolgi un lavoro che in pochi fanno alla tua età. Quali esperienze passate ti hanno formato maggiormente e che piani hai per il futuro, magari anche a livelli più alti?

«Io sono partito dalla squadra del mio paese, la Campeginese, a cui devo tanto, perché lì ho smesso di giocare e, subito dopo, mi hanno dato, a scatola chiusa, una squadra da gestire. Non dimenticherò mai quella che è stata la mia prima esperienza. Un’altra persona a cui devo tanto è Andrea Boni, attualmente mio direttore generale: mi ha portato via da Campegine, dandomi la possibilità di fare qualcosa prima a Montecchio e poi a Traversetolo. Siamo tuttora assieme, qui a Brescello. Chiaramente lui ha un ruolo più gestionale all’interno di questa realtà, però penso di doverlo ringraziare molto perché mi ha permesso di coltivare questa passione. Per quanto riguarda il futuro, io qui sto bene, dato che – collegandomi ad una delle precedenti domande – beneficio di una grande libertà sotto il piano lavorativo. Non credo che da altre parti avrei la possibilità di ricoprire questo ruolo con le stesse possibilità. Sono giovane e ambizioso, però, in questo momento, faccio fatica a vedermi lontano da Brescello. Sono molto contento di lavorare per questo club e devo ringraziare il Presidente Scrinzi, già con me anche a Traversetolo, e il Vice Presidente Benelli, che mi appoggia sempre nelle scelte che prendo cercando di fare il bene della società».

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