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NEWS - «LAVORO, SACRIFICIO E VOGLIA DI NON ACCONTENTARMI MAI IL MIO SEGRETO» – INTERVISTA AL DIFENSORE FRANCESCO RENZETTI
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«LAVORO, SACRIFICIO E VOGLIA DI NON ACCONTENTARMI MAI IL MIO SEGRETO» – INTERVISTA AL DIFENSORE FRANCESCO RENZETTI

Intervista di Cristiano Cavallaro in collaborazione con IlTerzoTempo.net
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calcioreggiano.comGenerica - 21/07/2025

Siamo contentissimi di poter festeggiare il quarto compleanno del nostro sito portando un’intervista ad un calciatore speciale, il quinto ad aver collezionato più presenze nella storia della Serie B: Francesco Renzetti. Attraverso una lunga chiacchierata, ci ha raccontato le sue esperienze con le maglie di AlbinoLeffe, Padova, Cesena, Cremonese, Chievo Verona e non solo. Oggi, infatti, è una colonna portante della difesa della Langhiranese, con cui ha vinto il campionato di Prima Categoria, una gioia immensa che ci ha descritto con grande passione.
Ci teniamo, dunque, a ringraziare Francesco e l’ASDB Langhiranese per la splendida opportunità concessaci.

Dopo più di due stagioni alla Lucchese sei approdato in Serie B con l’AlbinoLeffe, trovando subito la maglia da titolare. Cos’hai provato quando hai compiuto questo scatto così rapido?

“Quell’anno è stato uno dei migliori della mia carriera. A Bergamo ho trovato un ambiente perfetto per approcciarmi per la prima volta alla Serie B: era una realtà piccola dove un giovane aveva la possibilità di crescere senza troppe pressioni, quindi è stata la combo perfetta. Poi è ovvio che, essendo felice per il momento, aspirassi a qualcosa di più”.

A Padova sei stato compagno di Vincenzo Italiano, che oggi è uno degli allenatori più promettenti del panorama calcistico del nostro Paese. Tra l’altro, ai tempi del Chievo, perdesti contro il suo Spezia ai play-off. Ti aspettavi potesse intraprendere questa strada?

“Tutti lo ricordano come un giocatore con qualità tecniche incredibili, ma si vedeva già che era uno che in campo comandava e dirigeva, un po’ per la sua forte personalità e un po’ perché il suo ruolo lo richiedeva, quindi era più predisposto ad allenare rispetto a tanti altri. Di certo ha avuto un grande impatto da mister, perché ovunque sia andato ha vinto: a Trapani, a La Spezia… Quindi significa che, anche come tecnico, ha parecchie qualità”.

Cos’hai provato quando avete perso la finale play-off con il Novara di Tesser, dopo un campionato straordinario? Tra l’altro, quell’anno c’era pure El Shaarawy, oltre a Bentivoglio, Cacia e Perin.

“Noi eravamo partiti discretamente quell’anno, poi abbiamo avuto un calo generale ed era stato esonerato l’allenatore, sostituito dal mister della primavera Dal Canto, con cui avevamo ottenuto 14 risultati utili consecutivi, compresa la finale di andata con il Novara, finita 0-0. Tuttavia abbiamo perso la partita di ritorno e, forse, ad oggi è uno dei rimpianti della mia carriera, perché a quell’età vincere un trofeo in una piazza importante come Padova avrebbe cambiato il mio futuro, ma i piemontesi furono più continui durante la stagione e fecero un campionato stratosferico”.

Cos’hai provato quando hai realizzato due assist nel derby contro il Verona?

“In Veneto i derby sono sempre abbastanza sentiti, in particolar modo quello tra Vicenza e Verona. Noi eravamo una buona squadra, ma, visto che l’Hellas da diversi anni oscillava tra la Serie A e la Serie B, fu una grande soddisfazione”.

L’emozione di salire in Serie A con il Cesena dopo la vittoria dei play-off?

“Ovviamente quello è uno dei ricordi più belli della mia carriera perché oggi posso dire di aver giocato nella massima categoria grazie alla vittoria di quei play-off. Dietro a quel successo ci sono sogni, sudore, sacrificio… Per questo ti dico che forse è il ricordo più indelebile, oltre ad essere un’emozione stupenda. E l’anno dopo, in Serie A, ogni domenica era qualcosa di pazzesco, perché confrontarsi con certi campioni, palcoscenici e ambienti è qualcosa di impagabile”.

In Serie A avete fatto molta fatica purtroppo, tuttavia avete battuto la Lazio e pareggiato con la Juventus. Cosa si prova ad affrontare questi squadroni?

“Abbiamo fatto fatica soprattutto in trasferta, in quanto abbiamo raccolto più punti in casa. Eravamo una squadra che ha provato fino all’ultimo a salvarsi, nonostante fosse mediocre per quello che era il livello di quella Serie A. Ad ogni modo ho dei ricordi bellissimi anche delle sconfitte, perché abbiamo giocato contro grandi campioni: a Firenze, contro la Fiorentina, ho dovuto marcare Salah, che oggi è uno dei migliori calciatori al mondo, quindi, anche se non abbiamo vinto in molte occasioni, quel campionato mi ha regalato esperienze che conservo piacevolmente".

Oltre a quello di Salah che hai appena raccontato, qual è il momento più bello che hai vissuto durante l’annata in Serie A? Hai un aneddoto interessante su Bisoli?

“Su Bisoli ce ne sono tanti: è un mister sanguigno, con un grande carattere, che, nelle difficoltà e nella tensione pre-gara, era capace di fare una battuta per togliere un po’ di quella pressione, facendo sì che affrontassimo meglio la partita. Lui non è solo quello che si vede fuori: è uno che ti ascolta, cerca di farti migliorare ed è una persona simpatica”.

Il primo anno di Serie B dopo la retrocessione, in cui avete provato a risalire, avevi come compagni Caldara, Sensi e Kessie. Era una squadra più strutturata di quella che era andata in Serie A?

“Sicuramente avevamo più qualità, nonostante fossimo tutti ragazzi molto giovani. Forse abbiamo peccato di personalità, perché, nonostante avessimo raggiunto i play-off, in trasferta abbiamo faticato abbastanza, raccogliendo più punti in casa. A livello personale avevo realizzato diversi assist quell’anno, mentre, dal punto di vista collettivo, è cominciata in un contesto stupendo come quello di Cesena la grande carriera dei ragazzi nominati”.

In grigiorosso hai giocato tantissimo il primo anno, un po’ meno nei due successivi, anche se ti è capitato di essere capitano contro il Cosenza. Quanto ti fa piacere vedere Cremona in Serie A?

“Cremona è stata per me una piazza importante, che lego a ricordi sia calcistici che familiari, perché lì è nato il mio primo figlio, quindi è una realtà che non dimenticherò mai. È vero: il primo anno ho giocato molto, gli altri due un po’ meno, ma la Cremonese è una società seria e, secondo me, la città merita tutto questo”.

L’ultimo capitolo a Cremona è terminato con un tuo passaggio al Chievo a gennaio. Con i veneti non hai saltato nemmeno un minuto in 17 partite. Cosa si prova ad avere così tanta continuità?

“A gennaio sono andato al Chievo proprio perché giocavo meno e avevo ancora voglia di dare e trovare spazio. Nonostante i primi mesi di questa nuova esperienza abbiano coinciso con il periodo del Covid, era un ambiente favoloso dove potersi esprimere al meglio”.

Rimanendo su questo tema, sei il 5° giocatore ad aver collezionato più presenze nella storia della Serie B. Qual è il trucco per essere così costanti?

“Questo è uno dei dati di cui sono più orgoglioso, perché è inconfutabile il fatto che abbia giocato tutte quelle partite. Dietro ciò c’è tanto lavoro, sacrificio, determinazione e voglia di non accontentarmi mai. Dolori o meno, ho cercato di scendere in campo sempre”.

Nel tuo anno a Modena avete vinto il campionato e la Supercoppa di Serie C. Cosa avevate in più rispetto alle altre squadre?

“Quell’anno eravamo partiti male, tant’è che a ottobre ci siamo trovati con 8 punti di distacco dalla Reggiana che era prima. La nostra forza, però, è sempre stata il gruppo, il lavoro e il sogno di poter vincere ancora il campionato. Piano piano abbiamo fatto 14 vittorie di fila, che nessuno mai fece in quel girone, e quindi la continuità e la fame di punti hanno fatto la differenza”.

Alla Cremonese hai avuto come allenatore Tesser, con cui sei tornato a lavorare poi a Modena. Che rapporto avevi con lui? È stato il mister a volerti in gialloblu dopo la vostra esperienza insieme in grigiorosso?

“Sì, è stato lui a volermi. Si è trattata di un’unione di intenti: lui mi voleva e io ho accettato volentieri perché avevo piacere di riavvicinarmi a casa dopo la nascita della mia seconda figlia. È stato, ovviamente, un matrimonio fatto in due. Con lui avevo un bel rapporto ed era un allenatore giusto per quel momento della mia carriera”.

Com’è nata l’idea di passare alla Langhiranese? Che realtà è?

“La società è molto seria e ambiziosa, fatta di persone competenti, che in queste categorie non è facile trovare. Ci sono tanti ex giocatori che hanno raggiunto anche livelli importanti, quindi conoscono le dinamiche del calcio. Mi è piaciuto il progetto e ho accettato subito molto volentieri”.

Che gioia è stata la vittoria del campionato? Quali sono gli obiettivi per il prossimo anno?

“L’anno scorso è stato incredibile perché all’inizio la speranza era quella di arrivare primi, ma tra il dire e il fare c’è tanta strada di mezzo. Quando abbiamo ottenuto la vittoria matematica ho pianto - e non mi vergogno di dirlo -. In tutta la mia carriera non mi era mai capitato: quello è un gesto in cui è racchiuso un po’ tutto perché la verità è che allenarsi la sera al freddo dopo una giornata al lavoro, tornare a casa tardi e cenare alle 22 non è semplice. Sono cose che spesso vengono date per scontate, ma è più complicato di quello che sembra: ci vuole passione”.

In futuro ti piacerebbe intraprendere una carriera da allenatore, dirigente o qualcosa di simile?

“Ad oggi non mi piacerebbe intraprendere una carriera né da allenatore né da dirigente. Il futuro, ovviamente, è incerto e potrei cambiare idea, ma ad oggi questi non sono i miei piani”.

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